MAXIMA IMMORALIA

opera da camera per voci e strumenti
(prima assoluta, commissione Fondazione I Teatri di Reggio Emilia / Festival Aperto)
libretto e musica di Orazio Sciortino – Edizioni Curci
Marta Eguilior regia e direzione artistica
Orazio Sciortino direttore
Maria Eleonora Caminada, Giulia Peri, Giulia Zaniboni voci
GAMO Ensemble
Marco Facchini violino
Lucio Labella Danzi violoncello
Francesco Gesualdi fisarmonica
Ilaria Baldaccini pianoforte
Federico Tramontana percussioni
Chiara Amaltea Ciarelli costumi
Ayla Gordon assistente alla regia
Coproduzione Cantiere Internazionale d’Arte, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia / Festival Aperto, GAMO Ensemble
di Marta Eguilior
MAXIMA IMMORALIA è una fantasia scenica che affonda nelle pulsioni erotiche e nell’immaginario allegorico, esplorando con esuberanza e disinvoltura ciò che il corpo desidera e la morale censura. Ispirata alla satira medievale, l’opera rielabora i codici del piacere, della colpa e del corpo, dando forma a una liturgia profana in cui il desiderio diventa architettura e la musica un atto di trasgressione raffinata.
L’opera inizia con le tre figure femminili che aprono il grande libro di MAXIMA IMMORALIA, un oggetto scenico che funziona come un libro pop-up (un tipo di libro che, una volta aperto, fa emergere figure che si alzano su diversi piani, creando scene tridimensionali). Come nelle antiche collezioni di racconti erotici — dal Decamerone di Boccaccio ai Racconti di Canterbury di Chaucer —, ogni pagina di questo libro rivela un mondo autonomo, una piccola favola di desiderio e trasgressione. Tuttavia, a differenza di quei testi classici che sfidavano le norme del loro tempo, oggi quasi non esistono più libri che celebrano il corpo senza colpa. MAXIMA IMMORALIA si presenta, dunque, come un nuovo capitolo in questa tradizione perduta: un libro di racconti proibiti, una collezione di scene che si dispiegano come le pagine di un pop-up teatrale, sfidando i confini di ciò che è moralmente accettabile.
Le tre figure femminili in scena, interpretate dalle tre cantanti di MAXIMA IMMORALIA, indossano corsetti dorati che non sono semplici elementi di costume, ma simboli carichi di erotismo ed eleganza. Ispirati all’alta moda, questi corsetti combinano linee architettoniche precise con la sensualità barocca delle curve del corpo umano. L’oro, simbolo di potere, ricchezza e trascendenza, contrasta con la nudità implicita del corpo, creando un paradosso visivo che sfida sia lo spettatore che le convenzioni culturali. Questa tensione tra il rigido e il voluttuoso riflette la contraddizione tra il desiderio incontrollabile e la sofisticazione dell’artificio, trasformando ogni corpo in un altare profano dove il piacere trova la sua consumazione.
La presenza di una grande incisione centrale —asse simbolico del dispositivo scenico— non è una provocazione gratuita, ma una dichiarazione estetica consapevole che attinge alla tradizione visiva occidentale. In MAXIMA IMMORALIA, le incisioni non sono semplici decorazioni, ma la struttura stessa della scenografia, formando le pareti simboliche e le superfici che definiscono lo spazio rituale. Queste incisioni, presentate in bianco e nero, catturano tanto la fisicità della carne quanto la struttura simbolica dei miti antichi, collegando il corpo umano a una narrativa visiva che attraversa i secoli: dalle ceramiche greche ai disegni licenziosi del Rinascimento.
Il contrasto tra queste incisioni e i corsetti dorati delle tre cantanti non è una decisione superficiale, ma una strategia visiva deliberata. L’oro, associato al potere, alla trascendenza e al divino, sfida la crudezza delle linee monocromatiche, creando una tensione costante tra il sacro e il profano, tra il ludico e il rituale. Questa scelta stilistica trasforma ogni scena in un gioco di opposti, dove il corpo e il simbolo si affrontano in un duello continuo.
L’illuminazione, progettata per accentuare questa dualità, è teatrale, diretta e contrastata. Non cerca un naturalismo diffuso, ma un chiaroscuro aggressivo che ritaglia i profili, proietta ombre marcate e rivela il rilievo dei corpi e delle incisioni con una brutalità scenica. I corpi dorati brillano con un’intensità quasi metallica, mentre le incisioni rimangono come echi grafici, duri, immobili, proiettati sui muri come peccati antichi congelati nel tempo. Il risultato è uno spazio in cui ogni elemento —la carne, il metallo e l’inchiostro— si definisce per i suoi limiti, senza spazio per le sfumature, in una composizione precisa e provocatoria che costringe lo spettatore a confrontarsi con il proprio rapporto con il desiderio e la morale.
Dante Alighieri, maestro spirituale e letterario di Giovanni Boccaccio, scrisse: “Il diavolo non è così nero come lo si dipinge”. Questa connessione non è casuale: se Dante cantò i tormenti e le colpe dell’anima nella sua Divina Commedia, Boccaccio ebbe il coraggio di narrare i piaceri e le debolezze del corpo nel suo Decamerone. MAXIMA IMMORALIA raccoglie questa tensione tra cielo e carne, tra virtù e vizio, rivelando che entrambi gli estremi, pur opposti, fanno parte di una stessa natura umana. Questa opera trasforma l’eccesso in una forma di lucidità. Chi si scandalizza troverà uno specchio. Chi ride, troverà conforto. E chi ascolta, forse ricorderà che la morale cambia, ma il desiderio —come la musica— trova sempre un modo per tornare.
MAXIMA IMMORALIA è più di uno spettacolo: è un’esperienza estetica totale. Una celebrazione dell’eccesso, una riflessione sul desiderio e una critica alle strutture che cercano di contenerlo. Questa opera sfida le nozioni contemporanee di oscenità e moralità, recuperando un linguaggio visivo che, prima di essere censurato, era celebrato come espressione legittima della natura umana. In questo senso, MAXIMA IMMORALIA non cerca di scandalizzare, ma di ricordare che la trasgressione è una parte essenziale del rito artistico, e che il desiderio, come la musica, trova sempre un modo per tornare.
di Orazio Sciortino
Eros, ironia e invenzione tra Medioevo e surrealismo
Maxima Immoralia nasce come riflessione sul legame tra cultura popolare ed erotismo, ispirandosi alla letteratura satirica ed erotica che, tra il XIII e il XVII secolo, raccontava con leggerezza e irriverenza desideri, ipocrisie e costumi dell’epoca. Una tradizione ricchissima in cui le donne, spesso protagoniste, rivendicano il diritto al piacere, si interrogano sulla sessualità, raccontano amori, tradimenti, esperienze di convento e fantasie audaci.
L’opera prende la forma di un’azione teatrale ispirata all’intermezzo barocco e ai madrigali rappresentativi di Banchieri: una struttura a pannelli, fatta di numeri chiusi, piccolo melologhi a mo’ di recitativi, danze e momenti musicali. In scena, una sola figura femminile – moltiplicata in tre voci – conduce un soliloquio animato da personaggi immaginari, maschere, confessioni e invenzioni linguistiche. Si fa riferimento a un matrimonio non consumato con un uomo segretamente omosessuale, ai saggi consigli di una suora ex meretrice, ad amanti condivisi e desideri sopiti. Intervallano il racconto episodi surreali e grotteschi tratti anche da aneddoti agiografici o della storia della Chiesa, piccoli “cunti” popolari, inserti danzati e suoni che diventano parte della narrazione.
Il libretto, firmato da Orazio Sciortino, intreccia testi originali e omaggi rivisitati a Marziale, Boccaccio (in particolare alla novella di Pietro da Vinciolo del Decameron),Veronica Franco e a scritture anonime medievali. Prosa e versi convivono in registri molteplici: dalla poesia erotica alla satira, dal pastiche linguistico al puro nonsense. Non mancano incursioni nella storia meno edificante della Chiesa, tra suore ex prostitute e ricette licenziose.
La musica, parte integrante della drammaturgia, è affidata a un ensemble (violino, violoncello, fisarmonica, pianoforte, percussioni) utilizzato con tecniche e timbriche talvolta non convenzionali, per evocare strumenti immaginari e sonorità arcaiche sospese tra epoche e stili.
Posto unico: 16 euro
Per tutti i biglietti acquistati in prevendita, la maggiorazione prevista è di € 1,50
Info e prenotazioni: 0578758473
prevendita@fondazionecantiere.it









e al tempo stesso insegnanti”